Il secondo libro della collana «Biblioteca minima» è Ospedale silenzio, in uscita il 27 giugno 2008.
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«Nessuno ha parlato di Ospedale silenzio. Forse gli uomini non sono riusciti a leggerlo, disgustati, e le donne non ne hanno scritto per non dispiacere agli uomini. Ma, letto o no, questo libro resterà vivo nella letteratura».
Così Marguerite Duras nel 1985 parlava dell’opera prima di Nicole Malinconi, pubblicata quando l’aborto in Belgio era ancora illegale (verrà regolamentato e in parte depenalizzato solo nel 1990). Il libro era nato dall’esperienza dell’autrice, che dal 1979 al 1984 aveva lavorato come assistente sociale a fianco del dottor Willy Peers (1924-1984), una delle figure emblematiche in Belgio per la lotta contro la sterilità, il parto senza dolore, la contraccezione moderna e il diritto all’aborto.
Ospedale silenzio è un luogo di storie scritte per l’urgenza di dire ciò che le donne non riescono a esprimere, di raccontare un dolore profondo. È il luogo del corpo che parla e il luogo dell’anima che cerca di ascoltarlo. Le storie di questo libro sono la testimonianza di come l’ascolto sia l’unica strada per comprendere le scelte, tutte le scelte che incidono profondamente la vita di una donna.
In questi racconti di occultamento, in cui le protagoniste nascondono a se stesse la verità, in cui nessuno vuole ammettere la presenza di un problema, in cui non si chiamano le cose con il proprio nome, l’autrice si mette dall’altra parte e sceglie di far vedere, di non nascondere più.
La gravidanza e l’aborto sono raccontati nelle emozioni provate e nel dolore del corpo. La paura, l’imbarazzo, la speranza, ogni cosa trova posto nella voce soffocata delle donne che l’autrice ci fa ascoltare. Il silenzio diventa una voce così forte che non possiamo far finta di non aver sentito. È scritta, non è più taciuta. E, nelle parole dense di Marguerite Duras, «è una questione di donne, e solo di donne».
Traduzione di Valeria Malatesta, con una postfazione di Marguerite Duras.
ISBN 978-88-89901-11-3
€ 12,50
Di origine italo-belga, Nicole Malinconi è nata in Belgio nel 1946 e ha vissuto parte della sua infanzia in Italia. Dal suo lavoro di assistente sociale all’interno di una clinica ginecologica prende forma il suo primo libro, Hôpital silence, pubblicato in Francia nel 1985 da Éditions de Minuit. La sua scrittura s’ispira alla realtà quotidiana, all’ordinarietà della vita, delle situazioni e delle parole. Lei stessa definisce il proprio lavoro, più che finzione romanzesca, «scrittura del reale». Ha pubblicato, tra gli altri, Nous deux (Les Eperonniers, 1993, ristampato da Labor nel 2002, «Prix Rossel» 1994) e, più recentemente, Au bureau (L’Aube, 2007) e Vous vous appelez Michelle Martin (Denoël, 2008). Ospedale silenzio è il suo primo libro tradotto e pubblicato in italiano. |
Alessandro Fiorini
Confesso che questo libro l’ho letto quasi senza fermarmi per paura di non riuscire ad arrivare in fondo. Dal punto di vista narrativo il fatto che non ci fosse una trama avrebbe favorito una lettura frammentata, ma l’argomento lasciava in bocca a ogni capitolo un gusto sempre più amaro e allo stesso tempo non potevo sottrarmi alla consapevolezza di “dover sapere”. “Dovere” perché nessuno spiega effettivamente cosa ci sia dietro quella “parola”.
Prima di leggere Ospedale silenzio io vedevo lì solo una porta chiusa. Un luogo che mi inquietava, ma che non contemplava in nessun modo la mia presenza e quindi che potevo fingere di conoscere. Ma la conoscenza è frequentazione, partecipazione e anche attenzione ai particolari. In questo libro ci sono molti particolari, dettagli più o meno inquietanti, ma tutti fondamentali per la percezione di un “umore”. Nessuna immagine lascia veramente un segno netto. Tutto è sussurrato. Sibilato. Come una lama di bisturi che scivola e apparentemente neanche ti tocca, ma improvvisamente ti ritrovi sporco di sangue e non ti rendi conto come questo sia stato possibile.
Ho avuto l’impressione di trovarmi nel posto sbagliato e di assistere per errore a qualcosa che non avrei dovuto vedere, ma poi il libro in qualche modo mi ha fatto sentire “invitato” e un po’ meno indiscreto.
Ha ragiona Marguerite Duras a dire che questo libro fa male agli uomini, perché non c’è niente di più doloroso che assistere a una tragedia della quale puoi essere solo uno spettatore: un’altra donna può avere compassione, ma un uomo no. Può solo interrogarsi sul ruolo che ha nella creazione della vita: un ruolo spesso misero, veloce e superficiale. Tutto ciò che avviene nel corpo della donna è un mistero che ci fa paura e che non capiamo.
Come quando si ricevono confidenze molto intime e non si ha il coraggio di dare un consiglio, si preferisce stare zitti, magari cercando un contatto fisico con la persona che hai davanti: così mi sono sentito alla fine di questo dolente libro. Penso che mi abbia fatto bene, ma non so a quanti uomini che conosco lo potrei consigliare. Per la verità, non l’ho ancora passato a mia moglie; sto aspettando un momento “giusto”. (18 febbraio 2009)
Francesca Testi
Ospedale silenzio appartiene a quella letteratura che da tempo svolge la funzione che dovrebbe essere prerogativa del giornalismo: racconta storie come fossero cronaca, ma lo fa senza dare volti e nomi, soltanto vite. L’autrice rivela emozioni e vicende che non passano attraverso il mito della maternità, né quello sentimentale dell’amore. Eppure parla del mondo femminile. Parla alle donne. Non occorre aver vissuto realmente queste esperienze per riconoscervisi.
La letteratura evoca per visioni, immagini. Nicole Malinconi, invece, risveglia l’olfatto. Per tutto il libro si avverte nitidamente l’odore di sangue, disinfettante, sapone.
Le sue protagoniste entrano nella narrazione prepotentemente come delle sconfitte; poi, diventano eroine, per la forza delle loro scelte. La loro tragedia personale non urla: è silenziosa, seppure crudele e violenta. (26 dicembre 2010)