Biblioteca minima • Letterature e saggistica Un viaggio a volte rigoroso, a volte soltanto sognato, nel «migliore dei mondi possibili». |
Il sesto libro della collana «Biblioteca minima» è Ceti dirigenti e governo della città di Alessandria nel Lungo Risorgimento (1798-1861), in uscita l'8 settembre 2012. |
Nei primi sessant’anni dell’Ottocento Alessandria cambia volto. L’esperienza delle “libertà francesi” cancella i residui privilegi dell’età spagnola. I borghesi delle professioni, i nuovi proprietari, gli impresari arricchiti acquistano dimore nobiliari, compravendono terreni agricoli, ricoprono il territorio di strade e vie ferrate, si lanciano in speculazioni finanziarie legate al commercio e alle infrastrutture. Soprattutto, con l’abbandono dei municipi da parte dell’oligarchia aristocratica, si affacciano sulla scena politico-amministrativa e s’impongono come nuovo ceto dirigente.
La ricerca di Roberto Livraghi s’inserisce nel più generale contesto degli studi sulle classi dirigenti locali nella prima metà dell’Ottocento, ricostruendo vicende e personalità dell’amministrazione comunale di Alessandria nel periodo compreso tra il 1798 e il 1861. L’indagine è stata condotta in prevalenza sul ricchissimo e poco frequentato fondo dell’Archivio di Stato di Alessandria denominato dei “Convocati” del consiglio comunale.
Il lavoro, pubblicato a cura dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria, è stato realizzato nell’ambito del progetto di ricerca su Alessandria e la sua provincia nel lungo Risorgimento, condotto tra il 2009 e il 2011 dal Laboratorio di Storia, Politica e Istituzioni costituito presso l’Università «Amedeo Avogadro» del Piemonte Orientale, con l’obiettivo di indagare sul contributo fornito dai maggiori statisti alessandrini alla fondazione e alla costruzione dello Stato unitario italiano.
ISBN 978-88-89901-22-9
€ 20,50
Roberto Livraghi, membro del comitato scientifico dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria e del Laboratorio di Storia, Politica, Istituzioni presso l’Università del Piemonte Orientale, ha pubblicato numerosi saggi sulla storia artistica, architettonica, economica, istituzionale ed ecclesiastica della città di Alessandria: La libreria del Seminario di Alessandria. Nascita ed evoluzione di una biblioteca tra Sette e Ottocento (1991); Alessandria. Guida storico-artistica (Guide Artistiche Electa, edizioni 1997 e 2002); Il Consorzio Agrario Provinciale di Alessandria (1927- 2003) e la storia dell’agricoltura alessandrina (2003); Il nuovo volto della città. Alessandria nel Settecento (2005, con A. Dameri); Alessandria disegnata. Città e cartografia tra XV e XVIII secolo (2009, idem); Gli inizi della chiesa alessandrina (2011). Ha curato con G. Parodi il volume Arte e carte della diocesi di Alessandria (2008).
• Ceti dirigenti e governo della citta di Alessandria nel Lungo Risorgimento (1798-1861) |
Il quinto libro della collana «Biblioteca minima» è Pirandello o la scena della scrittura, in uscita il 23 aprile 2012. |
Oggi, nell’epoca della post-modernità globale, parlare di classici appare ancora più difficile. Ci si chiede se i classici aiutino ad articolare il nesso fra identità e memoria, si elaborano diverse gerarchie, convergenti su pochi nomi certi, e quasi sempre Pirandello vi compare: ha raccontato in modo nuovo un tratto caratteristico del proprio tempo, muovendosi attraverso generi e stili diversi (poesia, romanzo, dramma, saggistica), mescidando sublime e volgare, tragico e comico, l’alto e il basso.
La fortuna di Pirandello si è consolidata dopo l’eclissi che va dalla sua morte (1936) alla riscoperta teatrale partita dai primi anni Sessanta con le riletture di Strehler (I giganti della montagna) e De Lullo (Sei personaggi in cerca d’autore, 1964), fino all’attuale posizione di classico permanente della letteratura del Novecento. Un ossimoro di lapidaria acutezza di Nino Borsellino lo definisce un «classico anomalo»: un’anomalia che riguarda non solo la qualità della sua opera, ma anche la fortuna critica, altalenante e costretta entro limiti definitori ridotti a veri e propri clichés. Negli ultimi decenni si è cercato di liberare Pirandello dalla museizzazione e dall’oblio, e soprattutto dal “pirandellismo”. La sua opera è il ritratto del rapporto drammatico col proprio tempo, e costituisce un punto di riferimento che ha il ruolo di presenza autentica.
Questo saggio di Francesco Giardinazzo, docente di Letteratura italiana all'Università di Bologna - sede di Forlì, ripercorre il tragitto problematico, a volte carsico, di uno scrittore che attinge alle proprie pagine prendendo e rielaborando in un divenire votato a un’opera interminata, perché in realtà mai definitivamente conclusa.
ISBN 978-88-89901-19-9
€ 14,50
Il primo libro della collana «Biblioteca minima» è Cervelli coi fiocchi, in uscita il 19 febbraio 2008.
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È un’antologia “gialla” diversa dal solito: agilissime presentazioni, avvincenti brani antologici, parodie d’autore dei detectives più celebri. È un “invito al giallo” scritto per appassionare il neofita, ma che non mancherà d’intrigare anche il fan più smaliziato, specialmente per le sue “interviste impossibili”. All’interno del volume sono riprodotte le prime, celebri tavole a fumetti delle avventure di Dylan Dog.
«Non c’è niente di più rilassante d’un bel delitto. Il lettore rivive con perfetta innocenza la condizione di Caino, ignaro proto-assassino, mentre leva la clava su quel piccolo ruffiano di Abele. Poi, con la felice ipocrisia di cui parlava Baudelaire, si pone dal punto di vista di Dio, il primo detective, e smaschera il colpevole, condannandolo a errare senza pace».
ISBN 978-88-89901-08-3
€ 18,00
Il secondo libro della collana «Biblioteca minima» è Ospedale silenzio, in uscita il 27 giugno 2008.
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«Nessuno ha parlato di Ospedale silenzio. Forse gli uomini non sono riusciti a leggerlo, disgustati, e le donne non ne hanno scritto per non dispiacere agli uomini. Ma, letto o no, questo libro resterà vivo nella letteratura».
Così Marguerite Duras nel 1985 parlava dell’opera prima di Nicole Malinconi, pubblicata quando l’aborto in Belgio era ancora illegale (verrà regolamentato e in parte depenalizzato solo nel 1990). Il libro era nato dall’esperienza dell’autrice, che dal 1979 al 1984 aveva lavorato come assistente sociale a fianco del dottor Willy Peers (1924-1984), una delle figure emblematiche in Belgio per la lotta contro la sterilità, il parto senza dolore, la contraccezione moderna e il diritto all’aborto.
Ospedale silenzio è un luogo di storie scritte per l’urgenza di dire ciò che le donne non riescono a esprimere, di raccontare un dolore profondo. È il luogo del corpo che parla e il luogo dell’anima che cerca di ascoltarlo. Le storie di questo libro sono la testimonianza di come l’ascolto sia l’unica strada per comprendere le scelte, tutte le scelte che incidono profondamente la vita di una donna.
In questi racconti di occultamento, in cui le protagoniste nascondono a se stesse la verità, in cui nessuno vuole ammettere la presenza di un problema, in cui non si chiamano le cose con il proprio nome, l’autrice si mette dall’altra parte e sceglie di far vedere, di non nascondere più.
La gravidanza e l’aborto sono raccontati nelle emozioni provate e nel dolore del corpo. La paura, l’imbarazzo, la speranza, ogni cosa trova posto nella voce soffocata delle donne che l’autrice ci fa ascoltare. Il silenzio diventa una voce così forte che non possiamo far finta di non aver sentito. È scritta, non è più taciuta. E, nelle parole dense di Marguerite Duras, «è una questione di donne, e solo di donne».
Traduzione di Valeria Malatesta, con una postfazione di Marguerite Duras.
ISBN 978-88-89901-11-3
€ 12,50
Di origine italo-belga, Nicole Malinconi è nata in Belgio nel 1946 e ha vissuto parte della sua infanzia in Italia. Dal suo lavoro di assistente sociale all’interno di una clinica ginecologica prende forma il suo primo libro, Hôpital silence, pubblicato in Francia nel 1985 da Éditions de Minuit. La sua scrittura s’ispira alla realtà quotidiana, all’ordinarietà della vita, delle situazioni e delle parole. Lei stessa definisce il proprio lavoro, più che finzione romanzesca, «scrittura del reale». Ha pubblicato, tra gli altri, Nous deux (Les Eperonniers, 1993, ristampato da Labor nel 2002, «Prix Rossel» 1994) e, più recentemente, Au bureau (L’Aube, 2007) e Vous vous appelez Michelle Martin (Denoël, 2008). Ospedale silenzio è il suo primo libro tradotto e pubblicato in italiano. |
Alessandro Fiorini
Confesso che questo libro l’ho letto quasi senza fermarmi per paura di non riuscire ad arrivare in fondo. Dal punto di vista narrativo il fatto che non ci fosse una trama avrebbe favorito una lettura frammentata, ma l’argomento lasciava in bocca a ogni capitolo un gusto sempre più amaro e allo stesso tempo non potevo sottrarmi alla consapevolezza di “dover sapere”. “Dovere” perché nessuno spiega effettivamente cosa ci sia dietro quella “parola”.
Prima di leggere Ospedale silenzio io vedevo lì solo una porta chiusa. Un luogo che mi inquietava, ma che non contemplava in nessun modo la mia presenza e quindi che potevo fingere di conoscere. Ma la conoscenza è frequentazione, partecipazione e anche attenzione ai particolari. In questo libro ci sono molti particolari, dettagli più o meno inquietanti, ma tutti fondamentali per la percezione di un “umore”. Nessuna immagine lascia veramente un segno netto. Tutto è sussurrato. Sibilato. Come una lama di bisturi che scivola e apparentemente neanche ti tocca, ma improvvisamente ti ritrovi sporco di sangue e non ti rendi conto come questo sia stato possibile.
Ho avuto l’impressione di trovarmi nel posto sbagliato e di assistere per errore a qualcosa che non avrei dovuto vedere, ma poi il libro in qualche modo mi ha fatto sentire “invitato” e un po’ meno indiscreto.
Ha ragiona Marguerite Duras a dire che questo libro fa male agli uomini, perché non c’è niente di più doloroso che assistere a una tragedia della quale puoi essere solo uno spettatore: un’altra donna può avere compassione, ma un uomo no. Può solo interrogarsi sul ruolo che ha nella creazione della vita: un ruolo spesso misero, veloce e superficiale. Tutto ciò che avviene nel corpo della donna è un mistero che ci fa paura e che non capiamo.
Come quando si ricevono confidenze molto intime e non si ha il coraggio di dare un consiglio, si preferisce stare zitti, magari cercando un contatto fisico con la persona che hai davanti: così mi sono sentito alla fine di questo dolente libro. Penso che mi abbia fatto bene, ma non so a quanti uomini che conosco lo potrei consigliare. Per la verità, non l’ho ancora passato a mia moglie; sto aspettando un momento “giusto”. (18 febbraio 2009)
Francesca Testi
Ospedale silenzio appartiene a quella letteratura che da tempo svolge la funzione che dovrebbe essere prerogativa del giornalismo: racconta storie come fossero cronaca, ma lo fa senza dare volti e nomi, soltanto vite. L’autrice rivela emozioni e vicende che non passano attraverso il mito della maternità, né quello sentimentale dell’amore. Eppure parla del mondo femminile. Parla alle donne. Non occorre aver vissuto realmente queste esperienze per riconoscervisi.
La letteratura evoca per visioni, immagini. Nicole Malinconi, invece, risveglia l’olfatto. Per tutto il libro si avverte nitidamente l’odore di sangue, disinfettante, sapone.
Le sue protagoniste entrano nella narrazione prepotentemente come delle sconfitte; poi, diventano eroine, per la forza delle loro scelte. La loro tragedia personale non urla: è silenziosa, seppure crudele e violenta. (26 dicembre 2010)
Il terzo libro della collana «Biblioteca minima» è Cinque poeti facili, in uscita il 3 settembre 2010.
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Giuseppe Ungaretti, Andrea Zanzotto, Pier Paolo Pasolini, William Carlos Williams, Seamus Heaney sono i cinque poeti facili dei quali l'autore, docente di Teoria e analisi del testo letterario all'Università di Bologna, dà una lettura di altissimo profilo e di passione civile.
«I poeti sono ospiti inquieti del mondo; a volte appoggiano le spalle al muro del tempo per riflettere e per confidarci questa inquietudine, questo inconsolabile desiderio di testimoniare, di tradurre dal cieco carcere un barlume di parole che sia un segno di riscatto, di certezza, quando tutto sembra già fisso e immutabile.
Con insperata franchezza la poesia comunica quest’ansia, questa urgenza di dire che è la fonte comune e secolare del suo essere, del nostro esistere. L’opera è la forma durevole della riconoscenza. Dobbiamo esserne degni».
ISBN 978-88-89901-15-1
€ 13,50
Francesco Giardinazzo (1964) è docente di Antropologia dei processi culturali presso la Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori dell’Università di Bologna (sede di Forlì). Ha compiuto gli studi universitari a Bologna, laureandosi con una tesi su Dante Alighieri. Collabora col Centro studi teatrali «Diego Fabbri» di Forlì e col Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna ed è docente del Centro internazionale della canzone di Bologna. Pubblicazioni |
Il quarto libro della collana «Biblioteca minima» è Musica, maestro!, in uscita il 23 dicembre 2010.
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Raccontato a due voci, questo libro è il frutto di un lavoro affascinante e complesso reso possibile dall’incontro di due esperti, il musicoterapeuta e la psicoterapeuta, e dal coinvolgimento di alunni e insegnanti. Si rivolge soprattutto a insegnanti ed educatori che si occupano di gruppi scolastici e di progetti educativi che comprendano non solo il recupero e la riabilitazione di situazioni problematiche, ma anche la loro prevenzione.
La parte centrale di questo libro è costituita dalle storie dei percorsi svolti con gli alunni. L’attività di gruppo viene condotta attraverso la musicoterapia attiva: in un gioco del “come se”, ogni alunno si mette alla prova in ruoli diversi dal solito; in seguito, il gruppo di controllo osserva e discute, con il sostegno del terapeuta, ciò che emerge dall’improvvisazione musicale.
La musica è una chiave essenziale in grado di aprire le vie della comunicazione anche laddove, per un disagio, sembra esservi spazio solo per il silenzio. Siamo creature musicali non meno che linguistiche, e questa nostra natura assume forme diverse che producono in noi reazioni sorprendenti e profonde.
Introduzione di Francesco Giardinazzo.
ISBN 978-88-89901-16-8
€ 16,50
Fabrizio Alessandrini (1974) è diplomato al Conservatorio di Fermo in flauto traverso. Laureato in scienze della riabilitazione, ha conseguito la specializzazione in musicoterapia e il diploma di tecnico della riabilitazione psichiatrica. Ha esperienza decennale come musicoterapista e, nelle comunità psichiatriche, come educatore professionale. Con Francesca Malatesta tiene corsi di formazione per insegnanti e lavora nei gruppi-classe. |
Francesca Malatesta (1973) è laureata in psicologia e specializzata in psicoterapia familiare e sistemico-relazionale. Ha pubblicato due articoli scientifici: La sedia vuota e i colori della memoria. La terapia familiare con i bambini, «Psicobiettivo. Rivista quadriennale di psicoterapie a confronto», 2 (2007), Franco Angeli; e, come coautrice, Come parole dentro noi. Storie di maternità, «Ecologia della mente. Rivista interdisciplinare per la costruzione di un comportamento terapeutico», 1 (2007), Il Pensiero scientifico. |